I pittori americani celebrati da Puzzle Arte rappresentano l’originalità di una cultura giovane ma complessa. Sono l’espressione di una nazione in continua evoluzione. Dall’epopea western alle prime città, dalle sconfinate praterie ai grattacieli. Questi artisti narrano il percorso di una storia fatta di conquiste, metropoli e industrie. Ma anche di angoli deserti, drammi e persone sole ai tavoli di un caffè. Dai dripping di Jason Pollock all’arte dissacrante di Andy Wahrol si mettono in luce sfarzi e contraddizioni.
I pittori americani dell’800
Fu a partire dagli anni ‘30 dell’Ottocento che gli Stati Uniti vissero un’epoca di prosperità e di ottimismo. Dalla conquista del west all’urbanizzazione alla nascita delle industrie, la cultura rappresentava un clima di fiducia. Infatti la pittura si ispira alle praterie incontaminate, ai viaggi nelle terre di frontiera da conquistare. La rappresentazione romantica guardava all’uomo che sa farsi strada da sé, e ai luoghi selvaggi come terre ambite per l’autoaffermazione. Anche se gli artisti della Hudson River School, dal nome del fiume di New York, subirono l’influenza europea. Elaborarono un linguaggio proprio, per mettere al centro il culto per la natura vergine. L’epopea western dominava anche nell’arte, dove silenzio e pace assoluta rappresentano desiderio di avventura.
Thomas Cole e Asher Durand furono fra i primi pittori americani a farsi interpreti di questo credo. Infatti nelle loro opere troviamo profonde valli e foreste impenetrabili labirinti. Il pittore Thomas Whittredge Worthington narrava la volontà di liberarsi dai vincoli del passato. L’obiettivo era rappresentare la realtà senza filtri. Quindi troviamo cascate e crepacci, tramonti sulle Montagne Rocciose o nella Yosemite Valley. Artisti come Frederic Edwin Church, Albert Bierstadt o Thomas Moran hanno coniugato nelle loro opere realtà e idealizzazione. Senza trascurare la fine imminente che ha coinciso con la distruzione delle terre selvagge. Il progresso portò via la bellezza dei paesaggi incontaminati. La ferrovia intercontinentale cambiò radicalmente i luoghi. L’arte non si interessava più di indiani e culti, né di cacciatori e coloni.
In quegli anni l’America fu meta di artisti dall’Europa, che pure influenzarono le correnti artistiche del posto. Alle riflessioni impressioniste, assorbite dagli intellettuali statunitensi si opposero Winslow Homer e Thomas Eakins. Questi rimasero interpreti fedeli della realtà statunitense. Dalla rappresentazione degli episodi della guerra civile di Homer, ai temi legati all’intimità famigliare. Ma anche il mondo campestre e i paesaggi del New England. Invece Eakins, fu testimone di una società intellettuale che lo considerava un esponente di quello status.
Pittori americani del ‘900
I pittori americani del ‘900 hanno sottratto la scena mondiale al primato inglese e francese. Il crollo della borsa di New York del 1929 destabilizzò non solo l’economia ma l’intera vita sociale. Un trauma che influenzò lo stile e i contenuti dell’arte americana.
Nacquero due differenti correnti di pensiero. Da un lato il movimento del Realismo Sociale denunciò le tragiche condizioni delle classi meno abbienti. Dall’altro il Regionalismo rifiutava le amarezze del presente, per rievocare un passato agricolo e isolazionista.
Thomas Hart Benton, Grant Wood e John Steuart Curry furono fra i principali interpreti di questa tendenza. In controtendenza all’affermazione dell’industrializzazione, rappresentarono la nostalgica e utopica immagine delle origini. Nella raffigurazione dei braccianti si ritrova una società serena, che recupera i valori dispersi con il caos dell’industrializzazione. La minaccia della modernità viene ben rappresentata dai pittori inglesi del ‘900.
James Whistler sulla scorta di una formazione europea, prese le distanze dalla cultura della madrepatria, allineandosi al gusto della British Academy. Invece John Sargent, Mary Cassatt e Robert Henri mantennero nelle loro opere uno spirito americano. Ritrassero i protagonisti dell’alta società, come nel “Ritratto di Madame X” di Sargent, che fece scalpore fra il pubblico perbenista.
Contrariamente queste opere furono apprezzate a Boston, Philadelphia e New York. Fu con l’Ashcan School (scuola dei pittori di rifiuti) che inaugura il realismo metropolitano, apprezzato come movimento significativo dell’arte statunitense. Artisti come John Sloan, George Bellows, Edward Hopper o Martin Lewis rappresentarono la realtà di ogni giorno. Dunque narrarono quel che si nasconde dietro le luci della città, l’esistenza dell’uomo moderno.
Infatti in un primo momento l’uomo viene ritratto come protagonista e testimone di quel progresso industriale. Poi la presa di coscienza della sua fragilità e impotenza.
Il progresso portò la solitudine diffusa. Qualche artista mise in evidenza i vizi dei borghesi, altri descrissero l’altra faccia della città. Locali notturni, incontri clandestini, ipocrisie di una società complessa. Lewis rappresentò la città e le sue luci, Hopper la smania di un progresso troppo veloce, che non ha coinvolto le persone lasciandole sole in edifici vuoti. Le costruzioni divennero protagoniste delle opere di John Marin, Max Weber, Charles Demuth e di Georgia O’Keeffe. Tutti nomi rappresentativi dell’American Modernism.
Pittori contemporanei
Fra i pittori americani Andy Warhol è sicuramente l’artista più influente e celebrato. Autore poliedrico si è distinto come pittore, grafico, illustratore, scultore, sceneggiatore. Ma anche come produttore cinematografico, produttore televisivo, regista, direttore della fotografia e attore.
E’ una figura predominante del movimento della Pop art che ridusse l’arte a prodotto commerciale e di consumo. Fra le opere più famose troviamo Marilyn Monroe, Mao Zedong, Che Guevara, Michael Jackson. E ancora Elvis Presley, Elizabeth Taylor, Brigitte Bardot, Marlon Brando, Liza Minnelli.
Dipinse anche le regine regnanti, fino alla principessa del Galles Diana Spencer. Su grosse tele dipingeva la stessa immagine a ripetizione alterandone i colori, fino a svuotarla di significato.
Ha replicato immagini pubblicitarie di grandi marchi commerciali come la Coca-Cola, oppure incidenti stradali o sedie elettriche.
A seguire troviamo Jasper Johns. Padre del New Dada nel 1993 è stato insignito del Premio Imperiale e nel 1986 del Premio Wolf per le art. Negli anni ’50 realizzò il suo capolavoro “Tre bandiere”.
Il suo obiettivo fu quello di inserire nei suoi quadri elementi della quotidianità, ovvero rappresentazioni piatte e quasi tautologiche.
Celebre è anche la tecnica usata in molti suoi lavori, quella dell’encausto, che utilizza cera punica e che risale ai greci e ai romani. I suoi lavori principali sono conservati al MoMA di New York e al Whitney Museum of American Art di New York.
Complementare all’arte di Johns troviamo quella dell’italoamericano Frank Stella. Lui è il padre del minimalismo in pittura. Fortemente influenzato da Jason Pollock, si concentrò successivamente sulle forme geometriche e minimali. In quegli anni la pop art dominava la scena artistica americana. Stella ha prodotto i suoi lavori maggiori tra la fine degli anni ’50 e gli anni ’70. Si differenzia l’arte di Chuck Close, pittore iper-realista, in quanto i suoi ritratti di grandi dimensioni sono celebri per una precisione fotografica maniacale.
Infine citiamo Shepard Fairey, il grafico e pittore meglio noto come Obey. L’artista deve la sua fama alla realizzazione del poster Hope durante la prima campagna presidenziale di Barack Obama. E’ considerato uno dei maggiori esponenti della street art a livello mondiale, anche se alle opere in strada ora alterna anche poster, copertine e veri e propri quadri.